Perché il VYR fa bene alla nautica e a tutta l’Italia. Parola di Lamberto Tacoli

Come presidente di Nautica Italiana, Lamberto Tacoli è al vertice dell’associazione che ha pensato e  voluto il Versilia Yachting Rendez-vous (VYR). Un appuntamento dedicato allo yachting inteso come  alta espressione del saper fare italiano e di uno stile di vita legato al mare e alla passione. Un momento  in cui si celebra la nautica nel suo insieme. Prima ancora che gli yacht, gli elementi più appariscenti del  mondo in vetrina nella darsena di Viareggio dal 10 al 13 maggio prossimo, sarà tutto ciò che ruota loro  intorno, sia come buon vivere, sia come fornitura e competenza professionale.

«Ne parlavamo qualche tempo fa con altri esponenti della Fondazione Altagamma cui Nautica Italiana è  affiliata (e di cui il nostro interlocutore è vicepresidente, ndr): dobbiamo valorizzare le varie  componenti che portano all’elemento nave. Dobbiamo fare uscire il nostro settore dalla singolarità autoreferenziale che lo contraddistingue e mostrare come l’oggetto in sé, ma anche ciò che lo compone,  sono espressioni della nostra capacità di eccellere e frutto di realtà produttive in grado di rappresentare  la qualità italiana. Aziende che potrebbero collaborare con reciproco vantaggio con altre eccellenze del  made in Italy, come i grandi nomi che s’incontrano al Salone del Mobile, solo per portare un esempio.  Mi è sembrato meraviglioso, per questo, vedere il video legato alla nautica italiana, diffuso durante la  Settimana della Moda di Milano», afferma Tacoli.

Il debutto del VYR, nel 2017, è stato quasi miracoloso. In soli tre mesi il pool di lavoro ha dato forma e  sostanza, a qualcosa di inedito sia come evento sia per collocazione logistica: non in un complesso  espositivo isolato, ma tra le vie di una città durante una normale giornata lavorativa, via Coppino e dintorni, le tre strade dove è dislocato il principale nucleo produttivo dell’industria del diporto italiano,  il primo al mondo nell’ambito dei grandi yacht. Un appuntamento mondano in una fabbrica in  funzione.
«Per longevità professionale», spiega sorridendo il presidente di Nautica Italiana, «ho assistito alla prima  edizione sia del Festival de la Plaisance di Cannes sia del Monaco Yacht Show, oggi i due eventi legati  alla nautica più seguiti in Mediterraneo. I numeri da cui sono partiti erano ben inferiori a quelli che  siamo riusciti a mettere in… acqua noi all’esordio del VYR e questo ci fa guardare il futuro con ancora  più fiducia».

Così, viste le buone fondamenta gettate, è il momento di costruire in altezza. Per il 2018 si punta a un  lavoro più strategico, svolto sempre in sinergia con Fiera Milano, che ha sviluppato il concept, e Navigo  Toscana, il braccio operativo della triade organizzativa.

Tacoli evidenzia il valore più alto che deve avere un momento come il VYR. «Dobbiamo contribuire a  fare cultura nautica, a trasmettere il concetto che la nautica, grande o piccola che sia, è una risorsa per il  nostro paese, non un gioco per paperoni. Trovo risibile l’espressione: ‘Chi è ricco si compra la barca’, è  chi ama il mare che se la compra. L’armatore è molto più interessato ad andare per mare che non a  mostrare il suo meraviglioso giocattolo nei 15 posti più belli del mondo: se devi spendere soldi per  ostentare ricchezza ci sono opere d’arte o gioielli che costano molto di più di un megayacht e danno  molti meno problemi di gestione. Dobbiamo diffondere l’idea che la barca è qualcosa che serve  innanzitutto per navigare, per assecondare una passione».
Sembra di leggere Antoine de Saint-Exupéry quando scrive: “Se vuoi costruire una barca, non  radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per  il mare vasto e infinito“.

«Oggi se si esclude il gossip, -quanto è lungo e di chi è lo yacht- la nautica per l’immaginario comune è  qualcosa di cheap. Dobbiamo, anche da parte nostra, innalzare l’immagine di tutto il settore. Parlo per  esempio della gommonautica, un mercato in crescita esponenziale. Se dico gommone è più probabile  che il mio interlocutore intenda qualcosa con poco appeal, nella migliore delle ipotesi un battello di  servizio. Difficile che pensi alla qualità, alla tecnologia e al design che oggi si trovano nelle imbarcazioni  pneumatiche, per altro uno dei comparti in cui l’industria nautica italiana è una potenza mondiale».
E non a caso è loro dedicata una sezione del VYR in cui i rib si mostrano sia come tender per  megayacht sia come barche stand alone dotate di una reale dignità nautica. Il VYR si pone dunque come un momento di massima apertura sul mondo nautico, un compasso che si  centra sui grandi yacht, ma che nella circonferenza tracciata non esclude nessun aspetto e nessun altro  protagonista.
«In modo assoluto. Non ci sono categorie, associazioni o settori che sono esclusi a priori. Così come  non c’è nessuna ostilità nei confronti del Salone di Genova. Eventualmente una complementarietà. Se  guardiamo oltre confine, per esempio in Francia, dove l’industria del diporto ha un peso economico e  sociale paragonabile a quello che ha in Italia, gli appuntamenti importanti sono almeno quattro. Il VYR  non nasce in opposizione a qualcosa, ma in un’ottica di ampliamento e personalizzazione dell’offerta.  Avere anche in Italia due momenti diversi, in due periodi dell’anno differenti e dedicati a due aree,  diciamo, merceologiche diverse non può che fare bene a entrambi i momenti, perché non impedisce a  nessuno di essere presente sia a Genova sia a Viareggio, ma consente, a chi lo desidera, di rivolgersi a  un pubblico, generale e professionale, più adatto alle proprie necessità. A me, come rappresentante  istituzionale, interessa che i benefici per il mio settore siano massimi, al di là del mio tornaconto personale come imprenditore o come amministratore. Io voglio che sia il comparto del diporto nautico  italiano a ricevere benefici da ciò che stiamo facendo. Voglio che anche da noi si perda quella mentalità  da Palio di Siena, in cui è più importante che non vinca il nemico piuttosto che vinca la mia contrada. Dobbiamo riuscire a presentarci come gli olandesi, per esempio: loro sono anni che esportano il  concetto della Dutch Quality, la qualità olandese. Il messaggio che trasmettono è: se ti rivolgi a un  interlocutore olandese sai che hai uno standard qualitativo altissimo, indipendentemente da chi hai  interpellato. Ecco, siccome questo vale anche per noi, è bene che il messaggio passi».

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Che le aziende abbiano compreso il valore che può avere il VYR lo dimostrano le quasi 80  presenze confermate a più di tre mesi dall’evento, il 17% delle quali non era presente lo scorso  anno. Lo hanno compreso anche gli altri protagonisti, come le istituzioni regionali e cittadine?
«Compreso e sostenuto in maniera entusiastica. Viareggio è il luogo delle barche, si dice che la nautica  in Italia è nata a Limite sull’Arno nel 1600, ma non è, per fortuna, l’unico polo nautico del nostro Paese. La Spezia, Fano e Ancona, Trieste, solo per citarne alcuni sia in Tirreno sia in Adriatico stanno facendo  un ottimo lavoro e i numeri stanno crescendo. Tuttavia il prestigio di Viareggio e della Versilia è  indubbio. Sono luoghi legati a un’offerta turistica capace di soddisfare anche la clientela più esigente. Ben consci di ciò il sindaco di Viareggio e il presidente della Regione Toscana stanno sostenendo  l’iniziativa con entusiasmo. Ne abbiamo parlato evidenziando come le ricadute dirette del VYR  avvantaggiano anche la città e chi ci vive durante tutto l’anno: per esempio i lavori di ammodernamento  della darsena e delle infrastrutture connesse».

Il VYR è però un evento che non può limitarsi ai soli confini nazionali…
«No nella maniera più assoluta. Anzi dobbiamo essere il più aperti possibile. Per questo abbiamo  inserito il VYR in un contesto territoriale così ricco, in tutti i sensi, nautici e turistici. Gli eventi italiani  hanno sempre un po’ di difficoltà ad attirare clientela straniera. Noi abbiamo posto il fuoco della nostra  lente sui grandi yacht, ma lasciando in vista anche tutto il contorno che la Versilia e la Toscana possono  offrire. Siamo un forte richiamo perché abbiamo qualcosa di unico al mondo e lo stiamo facendo  sapere a un pubblico sempre più internazionale».

In altre parole, un potenziale cliente che arriva a Viareggio durante il VYR vede le barche esposte, e fin  qui non c’è nulla di eccezionale, a parte la qualità di ciò che ha appena visitato. Ma in più qui, e ciò  accade solo in un contesto come questo, può anche visitare materialmente il cantiere, incontrare il  fornitore o parlare con il designer che si occuperà della sua prossima barca. E non basta, il giorno dopo  può visitare le gallerie d’arte di Pietrasanta, mangiare le specialità culinarie che saranno preparate dallo  chef stellato che sarà tra i protagonisti dell’evento, o visitare Firenze o Pisa o tutto ciò che offre la  regione.

Ma quindi, viene spontaneo chiedersi: è solo un evento per le aziende viareggine?
«Tutt’altro, è un momento in cui ciò che è nautica italiana si presenta al mondo. Non è solo perché c’è  un continuo scambio tra le due coste e tra i vari distretti nautici italiani che non ha senso parlare di un  evento per promuovere solo un luogo. L’avvocato Alberto Galassi, amministratore delegato del
Gruppo Ferretti, il principale nome del diporto nautico con sede Adriatico, ha ben capito e sin  dall’inizio si è dimostrato un sostenitore dell’iniziativa. Se fosse solo una questione di campanile  avrebbe dovuto avere tutt’altro atteggiamento».

Comunicato stampa