Caso Pratico Anni 70

Negli anni 70′ ho vissuto da vicino la trasformazione di un’azienda artigiana che aspirava a diventare semi-industriale.

Ecco i fatti accaduti e le considerazioni che possiamo trarne.

Metà anni Settanta.  L’Italia industriale vive un periodo di cambiamento e sviluppo, molte piccole imprese crescono, spesso guidate da imprenditori artigiani, animati da entusiasmo e creatività ma privi di solidi strumenti manageriali.
In questo contesto si sviluppa l’esperienza da me vissuta presso l’impresa che per riservatezza chiamerò ALFA e, successivamente, nel suo passaggio ad una nuova realtà, BETA.

Molto giovane, con diverse esperienze nelle attività organizzative di vendita, da un incontro quasi casuale, mi venne offerta l’opportunità di ricoprire in ALFA un ruolo di supporto tecnico-commerciale. Particolarmente intrigante per me il settore ed il tipo di produzione: elettronica di bordo per il diporto nautico.
Già dal primo colloquio rimasi affascinato dalla capacità del titolare di unire inventiva e pragmatismo tecnico ed una visione del prodotto tecnologico caratterizzato da un avanzato design.
Entrato in azienda trovai un ambiente in pieno fermento che esprimeva grandi potenzialità ed altrettante fragilità.

ALFA e la filosofia del fondatore

Un laboratorio artigianale capace di produrre apparati tecnologici d’avanguardia per l’epoca nati da brillanti intuizioni del titolare, basate su un concetto di totale autonomia produttiva.
Una visione dell’impresa come estensione della propria identità: tutte le fasi di lavorazione si svolgevano rigorosamente all’interno, ogni dettaglio portava la sua impronta personale.
La filosofia era chiara: fare bene, fare con passione, senza compromessi ma, sicuramente, poco aperta alla delega ed alle logiche di scala produttiva.

Avremmo potuto …  iniziare a strutturare meglio i processi, ma la convinzione che “la qualità si controlla con gli occhi e con le mani” prevalse su ogni altra ipotesi di organizzazione.

Prime esperienze e segnali di crisi

Il primo anno tutto sembrava funzionare al meglio: ordini in crescita, positività, clienti interessati.
Relativamente facile acquisire nuovi clienti, l’innovativa gamma ed il design catturavano l’interesse dei cantieri e molti, tra i migliori, inserirono il sistema come primo equipaggiamento.
Tuttavia, sotto la superficie, si avvertiva la mancanza di una sana organizzazione.

Costi non monitorati con precisione, fondi insufficienti per finanziare la crescita, conseguenza: la pianificazione delle scorte di magazzino e la produzione non erano in grado di seguire le richieste del mercato.
In breve tempo arrivarono le prime difficoltà finanziarie, ritardi nei pagamenti e la fiducia cominciò ad incrinarsi.
La dipendenza dal fondatore era totale: ogni decisione passava da lui, ogni errore diventava personale.

Avremmo potuto …  adottare misure di controllo della gestione differenti e più adeguate alle risorse disponibili (ed eravamo in tempo), ma la priorità restò “fare uscire il prodotto” illudendosi di risolvere le problematiche con i proventi delle vendite.

Crisi e tentativo di salvataggio

In autunno, complice l’andamento stagionale del mercato, gli ordini diminuirono e la situazione precipitò. L’accesso al credito bancario si restrinse e buona parte degli addetti abbandonò il lavoro. La produzione si fermò quasi del tutto.
Poi, un’occasione inattesa: un conoscente del titolare presentò tre potenziali investitori interessati a rilevare l’azienda e rilanciarla.
Dopo lunghe ed estenuanti trattative, nacque BETA, nuova società che acquistò marchio e strutture, con l’obiettivo di industrializzare il prodotto ed orientarsi verso l’export.

Nuovo corso e conflitti

I tre nuovi soci avevano competenze solide in gestione e finanza.
La loro prima decisione fu spostare la produzione fuori regione, mantenendo sviluppo e ricerca nella sede originaria. L’obiettivo era razionalizzare i costi e creare una filiera semi-industriale.
Il fondatore, però, vide in questa scelta un tradimento della propria identità e delle maestranze storiche.
Iniziò un braccio di ferro: da un lato la visione manageriale, dall’altro la difesa della cultura artigiana.

Avremmo potuto …  costruire un compromesso fondato su gradualità e rispetto reciproco, ma prevalse la diffidenza.

Consulenza esterna e la nuova produzione

Un professionista esterno, uomo di fiducia dei nuovi soci, condusse un’analisi dettagliata: costi, flussi e potenzialità del brand.
La nuova organizzazione prese forma.
Parte della produzione fu affidata a terzisti, in particolare la realizzazione delle parti elettroniche, mentre l’assemblaggio restò nella sede regionale.
I prodotti, rivisti e migliorati, ottennero subito l’interesse del mercato, ma emersero problemi inattesi: ritardi nelle consegne, difetti di funzionamento, resi costosi.
La corsa alla produttività aveva sacrificato il controllo qualità e la coerenza di filiera.

Epilogo

La tensione tra il fondatore ed i nuovi soci raggiunse il punto di rottura. La mancanza di reciproca fiducia divenne insanabile. Il titolare storico decise di uscire dalla società, rinunciando alle proprie quote.

Poco prima, consapevole dell’impossibilità di contribuire in modo costruttivo, presentai anche le mie dimissioni.

Fu un’amara esperienza ma una autentica lezione di management: capire che intuizione e competenza non bastano, se mancano chiarezza di ruoli, cultura organizzativa e visione condivisa.

Riflessioni e parallelismi

Guardando oggi a quei fatti rilevo, purtroppo, che situazioni ed errori simili si ripetono ancora, tra i quali:
– mancanza di una chiara governance nei passaggi societari
– scontro tra modello di impresa
– falle nel controllo qualità
– mancanza di ascolto tra competenze diverse
– totale incapacità di coinvolgimento organizzativo

Avremmo potuto …
– definire da subito ruoli e responsabilità chiari
– pianificare produzione e controllo qualità senza esasperarne i principi inseguendo la velocità
– preservare il patrimonio culturale dell’azienda pur aumentandone il livello professionale
– migliorare grado di ascolto e comunicazione tra chi porta idee diverse

Avremmo potuto fare così … ma non lo abbiamo fatto.

E da quella serie di “ma” sono maturate le consapevolezze che ancora oggi mi accompagnano quando affronto casi analoghi.

 

 


 

Nodens – Vele Vento Whisky

L’idea?

Raccogliere whisky sfuso dall’Irlanda, caricarlo su un veliero d’epoca, per poi tornare in Bretagna e farlo assemblare in una distilleria locale.

Il risultato

Un whisky franco-irlandese unico, trasportato a vela su un’imbarcazione classificata come Monumento Storico, che contribuirà con il ricavato dell’operazione al restauro di altre imbarcazioni storiche.

Ideatore del progetto Nodens è Tristan Botcazou, bretone di cinquantasei anni, che da sempre vive con e per il mare e da oltre 20 anni recupera e restaura imbarcazioni da lavoro in legno destinate all’abbandono.
Fonda Nodens, insieme ad un gruppo di appassionati, nella convinzione di poter ridare vita ad alcune di queste imbarcazioni, rappresentative del patrimonio storico, riportandole a mare per navigare impiegate in un servizio di trasporto pulito e sostenibile.

Ecco ciò che dice fiero ed orgoglioso dell’iniziativa intrapresa:

… cosa è l’ecologia? Una preoccupazione urbana, o peggio, solo un trucco per vendere di più: il greenwashing?
… in effetti, abbiamo bisogno di buon senso per evitare gli eccessi.
Nodens mi rafforza in questa idea.
Ho trovato un’ecologia che fa per me, che concilia la mia passione e l’utilità per il nostro ambiente.
È concreto, non contorto, non tecnocratico.
Semplice, utile e bello.

L’avventura Nodens

Inizialmente il programma prevedeva la prima traversata a vela questo autunno salpando dalla Bretagna per raggiungere l’Irlanda e dare inizio a questo ambizioso progetto che prevede di navigare, esclusivamente a vela, combinando crociere e trasporto merci.
La mancata disponibilità dell’imbarcazione ha costretto l’organizzatore a rimandare la partenza spostando la data all’ormai prossimo anno 2026.
Tuttavia, dal mese di ottobre 2025, una prima fase di prologo renderà già disponibili i prodotti temporaneamente consegnati con mezzi tradizionali.

La Flotta

Tutta la flotta è stata costruita in Bretagna nel corso del XX secolo.
Questi velieri sono i nobili rappresentanti delle competenze bretoni.
Ogni imbarcazione incarna l’identità bretone e ha segnato profondamente la storia della regione.

1 – La Fée de l’Aulne

Commissionata nel 1957 dalla compagnia di navigazione Le Bot al cantiere Keraudren di Camaret.
Misura 22,70 Metri in lunghezza e 7,80 di larghezza, costruita secondo la tradizione con il classico fasciame in quercia, è l’imbarcazione di maggiori dimensioni realizzata dai cantieri di Camaret.

2 – Fleur de Mai

Chiatta da 40,25 tonnellate costruita nel 1950 nei cantieri navali JACQ di Hôpital-Camfrout.

3 – L’Audiernais

Varata nel 1936 nei cantieri navali del Morvan, presso il cantiere navale Goyen.
Dopo molti anni di servizio, prima come nave di rifornimento per l’isola di Sein e poi come draga nel porto di Brest, fu successivamente trasformata ed attrezzata per la pesca dell’aragosta.

NODENS – Missione

1 – La salvaguardia di una flotta di velieri d’epoca classificati come Monumento Storico!

2 – Il trasporto e la consegna di Whisky selezionato tra le migliori distillerie di Scozia e Irlanda per diffonderlo in Bretagna!

3 – Trasportare l’equivalente di 3.200 Tonnellate di merci per anno esclusivamente navigando a vela!

– IMPEGNO

1 – VERSO IL PATRIMONIO
Lavoriamo solo con barche a vela d’epoca.
Tutte le imbarcazioni sono e saranno realizzate in legno, un materiale locale e sostenibile che garantisce una durata infinita per ogni imbarcazione.

2 – VERSO COMUNITÀ BRETONE
Permettere alla nostra comunità di vivere l’esperienza del loro restauro, imbarcandosi in crociere o durante visite guidate che organizzeremo.

3 – PER I PRODOTTI LOCALI E PER IL RISPETTO DEL MARE
Vendiamo solo prodotti che abbiamo trasportato noi stessi sulle nostre imbarcazioni, senza alcun inquinamento.

4 – PER LE COMPETENZE LOCALI
Affidare il restauro delle nostre imbarcazioni ai cantieri navali bretoni per diffondere sostenere le competenze e sostenere l’occupazione locale.

 

Credit Immagini  -  Foto Jean -Michel Sotto - Nodens

 

 

Eventi Fiere Workshop Meeting

Una breve analisi critica su Eventi, Fiere, Workshop e Meeting

Nel panorama attuale la tecnologia e la comunicazione digitale dominano una vasta parte delle interazioni umane, influenzando scelte e comportamenti. Eventi come fiere, workshop, meeting, corsi di formazione, seminari e open day svolgono un ruolo cruciale nell’ambito professionale e commerciale, offrendo l’opportunità di consolidare relazioni esistenti o crearne di nuove, condividere esperienze ed ampliare le conoscenze personali e professionali.

Tuttavia, il proliferare delle iniziative citate può presentare delle criticità, specialmente per le aziende più piccole che spesso si trovano ad affrontare la sfida della limitata disponibilità di tempo e dell’impatto dei costi derivati.

Nel mondo degli affari l’evoluzione degli strumenti di comunicazione può talvolta portare ad un sovraccarico di informazioni per il destinatario, rendendo le comunicazioni fastidiose o peggio ancora ingestibili. Pertanto, la decisione di partecipare richiede un’attenta valutazione su benefici e svantaggi.

Qualche suggerimento sui punti da analizzare:

– Fare una ricerca sui temi in agenda, individuare chi sono i relatori e se possibile raccogliere qualche opinione da partecipanti a precedenti edizioni

– Cosa vogliamo ottenere partecipando? Identificare con chiarezza l’obiettivo

– Valutare i costi di registrazione, se richiesti, considerando inoltre eventuali spese da sostenere quali viaggio, trasferta ed altri

– Altro elemento importante ai fini della decisione il tempo occorrente alla partecipazione, sia in presenza che online, in quanto potrebbe risultare sottratto alle normali attività lavorative. Fatto salvo che sia importante seguire l’aggiornamento ed alimentare la rete di contatti occorre però mantenere un buon bilanciamento tra la produttività e tali attività

– Nel caso di corsi di formazione, convegni e simili, infine, occorre riconoscere quali nascono con solo scopo commerciale, atti a promuovere prodotti o servizi in modo poco trasparente senza offrire reali occasioni di apprendimento

In conclusione è innegabile che ogni tipologia di evento possa costituire una preziosa fonte di crescita per individui ed imprese ed un buon contributo all’innovazione, nonostante alcune negatività superabili se gestite con cura ed attenzione agendo con strategie mirate ed una preventiva pianificazione.

 


			
			

Les Amis du Sinagot

A Vannes, tornando da una visita presso alcune aziende in Bretagna, ho visto una foto di queste imbarcazioni con due alberi e grandi vele di colore rosso ocra.
Rientrato in Italia, dopo alcune ricerche e grazie all’associazione Les Amis du Sinagot ho avuto modo di raccogliere queste informazioni che voglio condividere con voi.

I primi esemplari di Sinagot risalgono alla prima metà del 1800 e venivano utilizzati dai pescatori di Séné, cittadina che si affaccia sul golfo di Morbihan.

Sino agli anni 20′ del secolo scorso furono eseguite alcune migliorie allo scafo ad opera del Cantiere Martin. La lunghezza portata appena sotto dieci metri ed un bordo libero più grande consentirono l’impiego anche fuori dal golfo e nelle vicine isole per diversi tipi di pesca con reti da traino e da fondo per le ostriche.

L’intera famiglia spesso è coinvolta nel duro lavoro che vede le donne impegnate nelle attività sul mare oppure a vendere il pescato, pesci e crostacei, nella vicina Vannes.

Nel periodo tra le due guerre mondiali il Sinagot è oggetto di una ulteriore evoluzione con un’estensione dello scafo da 9 a 10,80 metri e sull’armamento ove compare un fiocco di piccole dimensioni sul bompresso.

Nel 1943, nel Cantiere Navale di Bono, Yves Querrien costruì “Les Trois Frères” ultimo dei Sinagot dedicati alla pesca.

Passata la seconda guerra mondiale questo tipo di barca venne abbandonato, probabilmente alla ricerca di linee più moderne e forse in grado di generare maggiori profitti. Fu così che intorno agli anni 50′ parte della flotta venne trasformata ad uso diporto, in alcuni casi modificando l’attrezzatura e su qualche imbarcazione sistemando una cabina per garantire un minimo comfort.

Purtroppo con il trascorrere degli anni degli oltre 190 scafi che navigavano nei primi anni del secolo scorso, ad oggi, sono rimasti solo due esemplari originali:

– “Ma Préférée” anno 1933 attualmente conservato al Museo Navale di Douarnenez
– “Les Trois Frères” anno 1943 unico oggi a prendere il largo nel Golfo del Morbihan

Si contano inoltre tre scafi, ancora oggi naviganti, varati negli anni 50′ per il diporto e non per la pesca:

– “Dear Miss” anno 1954 a Trinité Sur Mer oggi sotto il nome “Gwéned”
– “Belle Hortense” anno 1958 a Trinité Sur Mer
– “Joli Vent” anno 1958 a Vannes

La ricerca su queste imbarcazioni ha richiamato alla mia memoria gli scafi armati con vele a un terzo usati dai pescatori in Adriatico già da prima del 1800 ed oggi conservati grazie al lavoro di recupero e conservazione di varie associazioni e spesso celebrati da raduni e regate di bragozzi. (ma questa è un’altra storia, magari ne parleremo prossimamente!)

L’associazione “Les Amis du Sinagot”

L’associazione, con sede a Vannes, nasce nel 1969 con la finalità di salvaguardare e promuovere il patrimonio marittimo e culturale rappresentato dalla storia del Sinagot nonché diffonderne la conoscenza e le tradizioni marinare.

Tra gli scopi dell’associazione la navigazione e manutenzione di “Les 3 Frères” acquistato nel 1983 e fatto poi classificare nello stesso anno nel registro dei monumenti storici. Parallelamente i membri dell’associazione dedicando tempo e risorse alla ricerca di informazioni storiche, nel corso del tempo, hanno costituito un significativo archivio di documenti.

 

Nota    Alleghiamo la traduzione del testo da italiano a francese, curata da Mr. Yann Régent, responsabile della documentazione, al quale va il nostro particolare ringraziamento per la disponibilità e la collaborazione.

Texte français

 

Credit Images  Les Amis du Sinagot

 

Rassegna Post 2023

Ripercorriamo gli argomenti trattati nel corso del 2023, un modo per mantenere in memoria gli eventi oggetto di pubblicazione.
Presentiamo di seguito la raccolta degli articoli suddivisi per mese.


     

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Eventi Gennaio

Come di consueto pubblichiamo la rassegna delle manifestazioni che si svolgeranno nel mese di Gennaio. La raccolta comprende fiere nautiche locali ed internazionali, regate …

Nota  –  Ogni titolo riporta il link al post pubblicato sul portale SviluppoNautico.



Hydrogen Technology EXPO 2023

L’evento, aperto all’intera catena di fornitura, è un punto di riferimento per le organizzazioni operanti nel comparto e si svolgerà in Germania dal 27 al 28 Settembre presso Messe Brema.

Scopo di Hydrogen Technology Expo Europe è fornire risposte concrete per superare le sfide tecniche nel settore dell’idrogeno e delle celle a combustibile.
In questa ottica sarà occasione per affrontare i vari aspetti relativi all’idrogeno impiegato come vettore energetico, quali:

– tecnologie e soluzioni per la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio
– stoccaggio, trasporto ed infrastrutture efficienti
– progettazione avanzata, test e sviluppo
– celle a combustibile

La presenza di oltre 550 aziende espositrici garantirà un elevato standard qualitativo dei prodotti e sistemi presentati ed indubbia opportunità per costituire nuove relazioni commerciali.

Durante le due giornate della manifestazione sono previsti numerosi convegni con la presenza in agenda di oltre 190 relatori.
Aziende, progettisti e ricercatori, potranno assistere alle conferenze raggruppate in cinque percorsi:

– Low-Carbon Hydrogen Production
– Systems Integration & Infrastructure
– Fuel Cell Design, Development, & Manufacturing
– E-Fuels & Hydrogen Propulsion
– Carbon Capture Utilisation & Storage

 


			
			

YYachts a Newport

Y Yachts ha recentemente annunciato che presenterà il modello Y7 al Newport International Boat Show.

Durante questa prima partecipazione alla fiera Americana il Cantiere Tedesco sarà presente assieme a Tripp Design, suo rappresentante per gli Stati Uniti, per esporre lo yacht “Miss Shell” progettato dallo stesso Tripp Design.

La scelta di proporre la produzione al mercato statunitense rappresenta un importante traguardo per il cantiere e sicuramente questi scafi, veloci e superleggeri, saranno apprezzati dalla clientela della East Coast.

A questo proposito Michael Schmidt, fondatore di Yyachts, ha espresso entusiasmo come riportato nel comunicato stampa …

“Sentiamo un crescente interesse per i nostri yacht negli Stati Uniti. Diversi clienti americani hanno acquistato uno YYacht e penso che il Newport Show sia il luogo giusto per mostrare il nostro lavoro”

Comunicato Stampa

 

Credit Immagini  
Nico Martinez / IbizaJoySail

Queen Mary Nuova Vita

Secondo un comunicato stampa recentemente pubblicato la città di Long Beach, dopo circa quaranta anni, ha ripreso il pieno controllo della Queen Mary.

Superato un periodo di contrasti caratterizzato da vari episodi che hanno fatto dubitare sul destino di questo famoso transatlantico e trascorsi diversi anni necessari ad eseguire gli indispensabili lavori di ristrutturazione, oggi la struttura è fruibile in tutte le sue attività museali e di accoglienza turistica.

La città di Long Beach, già nello scorso anno, aveva diffuso la notizia del completamento di alcune riparazioni strutturali interne e la rimozione di venti scialuppe di salvataggio deteriorate che gravavano negativamente sull’integrità strutturale della nave.
Purtroppo a bordo sono rimaste solo due delle scialuppe originali, mentre alcune fra quelle rimosse sono conservate in altro luogo.

La prestigiosa ed elegante ammiraglia della Cunard Line varata nel 1936, dopo il ritiro dal servizio passeggeri, nel 1967 venne ormeggiata stabilmente nel porto Californiano e di fatto trasformata in “attrazione storica”.

La Queen Mary a Long Beach rappresenta una popolare destinazione turistica, visitata da un pubblico interessato alla storia, al patrimonio marittimo ed alle molte iniziative offerte che comprendono tour e mostre.

 


			
			

De Tukker Next Step

Il progetto del Capitano Jorne Langelaan, fondatore ed amministratore delegato di EcoClipper, procede a grande velocità, si potrebbe dire a “gonfie vele”.

EcoClipper in meno di cinque anni dalla fondazione ha raggiunto molti degli obiettivi dimostrando nei fatti la validità della visione iniziale, ossia: trasportare merci in tutto il mondo utilizzando il vento come propulsore.

Oggi la compagnia con De Tukker, il cargo a emissioni zero, è in grado di caricare merci e persone attraverso il Mare del Nord, la Manica, la Baia di Biscaglia e Mar Baltico. La nave può ospitare 5 membri di equipaggio, sino a 12 viaggiatori e trasportare un carico di merce di circa 70 metri cubi, equivalente a 50-70 tonnellate.

L’attività di EcoClipper si rivolge, come cita il comunicato, “a quelle aziende che non vogliono professare la propria politica ambientale in opuscoli, cartelloni pubblicitari e pagine web attraenti, ma organizzare la propria logistica utilizzando i velieri come ottima opportunità per fare una differenza tangibile“.

Durante il viaggio inaugurale il veliero è stato visitatore speciale al Sail Den Helder tra le Tall Ship partecipanti al raduno. Rientrato ad Amsterdam nei primi giorni del mese presenta una proposta di navigazione per Luglio con diversi itinerari di viaggio. Un’opportunità per vivere un’emozionante avventura a bordo del cargo, occasione per stare vicino all’equipaggio e conoscere il mondo della marineria e della vela.

Il concetto è complesso e la completa realizzazione richiede tempi mediamente lunghi per una maggiore divulgazione verso l’opinione pubblica, anche in funzione del diverso grado di sensibilità di ciascun paese.

Tuttavia la domanda di spedizioni sostenibili è in crescente aumento e per rispondere adeguatamente alla richiesta EcoClipper ha sviluppato una strategia per la realizzazione di navi EcoClipper500 e navi Retrofit.
Allo scopo di sostenere un piano di investimenti di notevole portata viene così costituita EcoClipper Coöperatie UA con una formula che offre agli investitori diritti di proprietà nella cooperativa.

 

 

Credit Immagini 
Paul Peleprat

Viaggio Inaugurale EcoClipper

La nave gestita dalla compagnia di navigazione a vela EcoClipper è salpata da Amsterdam per il primo viaggio del programma che porterà “De Tukker” su una rotta regolare attraverso il nord e l’ovest dell’Europa.

Il servizio di linea a corto raggio senza emissioni inizia così, con un carico di cioccolato, 5 membri di equipaggio e 5 tirocinanti.
Mentre scriviamo la nave dovrebbe essere in arrivo a Porto, dove imbarcherà vino e olio d’oliva, per proseguire poi dal Portogallo per le altre destinazioni previste in Francia e Inghilterra.

Le merci trasportate raggiungeranno i consumatori seguendo un processo mirato a produrre ridotte emissioni nocive che riguarda l’intera filiera: materia prima, produzione, trasporto e distribuzione.
Il cioccolato destinato al mercato europeo, gestito dai broker di merci a vela New Dawn Traders, è prodotto dalla azienda olandese “Chocolatemakers” che utilizza cacao spedito dalla Repubblica Dominicana con il veliero da carico Tres Hombres.

Un ulteriore passo concreto dell’ardita ed ambiziosa impresa portata avanti dal Capitano Jorne Langelaan, fondatore ed amministratore delegato di EcoClipper, fedele ai principi espressi nel progetto ben lontani da posizioni di “greenwashing”.

De Tukker

Costruita nel 1912 è stata impiegata prima per il trasporto merci costiero e poi come nave scuola, oggi dopo un lungo ed accurato refitting è in grado di trasportare carichi di circa 70 metri cubi, ovvero l’equivalente di 50-70 tonnellate, spinta da oltre 300 metri quadrati di vela.

Comunicato Stampa

Il viaggio è seguito dal Capitano di De Tukker, Paul Pélaprat, 
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